colloquio in uno spazio-tempo indeterminabile con ospiti illustri dall’aldilà e di qua
Paul Auster (mentre gioca col suo panama):
“Ogni
vita è inspiegabile. (...) Per quanti fatti si riferiscano, per quanti dettagli
vengano forniti, il nocciolo resiste alla rappresentazione. Riferire che tizio
è nato qui e si è recato là, che ha fatto questo o quello, che ha sposato la
tale donna e ha avuto tali figli, che è vissuto, che è morto, che si è lasciato
alle spalle questi libri o quella battaglia, o quel ponte.... niente di tutto
ciò ci dice molto. Tutti vogliamo che ci raccontino delle storie, e le
ascoltiamo come facevamo da bambini. Dentro le parole immaginiamo la vera
vicenda e, a tal fine ci sostituiamo ai personaggi fingendoci capaci di
comprenderli perché comprendiamo noi stessi. È una mistificazione. Noi
esistiamo per noi stessi, forse, e talora cogliamo anche un barlume della
nostra identità, ma alla fine non siamo mai sicuri, e col passare delle nostre
vite diventiamo sempre più opachi al nostro sguardo, più consci della nostra
disorganicità. Nessuno può sconfinare in un altro - per il semplice motivo che
nessuno può accedere a se stesso”
Krzyszstof
Kieslowski (porta occhiali molto grandi e ha una sigaretta in bocca):
“Credo
che ogni artista, così come ogni uomo, in fondo, racconti sempre la stessa
storia.
Si
parla sempre dell’amore, o dell’odio, o della morte; di cose del genere tutti
ne parliamo sempre con passione, ma è il tono con cui si narra il vero nocciolo
della questione.
Io
credo che l’uomo abbia sempre avuto bisogno di storie: questo per comprendere
meglio se stesso e gli altri, per avvicinarsi al mistero che è la vita, che è
lo stare nel mondo.
Riproporre
i casi della vita è un modo per cercare di comprenderla. Ed è da questa volontà
di comprendere che nasce la mia esigenza di raccontare storie”
Etty Hillesum (spiccano sul suo viso degli occhi sorridenti):
“I
fatti esterni non bastano per capire la vita di una persona: bisogna conoscerne
i sogni, il rapporto con la famiglia, gli stati d’animo, le delusioni, la
malattia e la morte....”
Emily Dickinson (legge da un quadernetto):
“This
quiet Dust was Gentlemen and Ladies
And
Lads and Girls -
Was
laughter and ability and sighing
And
Frocks and Curls”
Milan Kundera (vivace e mordace):
“Tutti
i romanzi di tutti i tempi indagano l’enigma dell’io. Che cos’è l’io? In che
modo lo si può cogliere? L’uomo vuole attraverso l’azione, rivelare la propria
immagine, ma quest’immmagine non gli assomiglia. Il carattere paradossale
dell’azione è una delle grandi scoperte del romanzo. Ma se l’io non può essere
colto nell’azione, dove e come lo si può cogliere? La poesia non è nell’azione,
ma là dove l’azione si ferma; là dove si spezza il ponte fra una causa e un
effetto, e dove il pensiero vagabonda in una libertà dolce e oziosa. La poesia
dell’esistenza è nella digressione. E’ nell’incalcolabile. E’ agli antipodi
della causalità. E’ sine ratione, senza ragione.”
Nota bibliografica
In ordine di apparizione.
Paul
Auster, Trilogia di New York,(1985-6), Einaudi, Torino 1996, pp.
247-48. Traduzione di Massimo Bocchiola.
Krzyszstof
Kieslowski, Il profumo dell’aria, conversazione con K.K., (1995)
in Serafino Murri, Krzyszstof Kieslowski, Il Castoro Cinema,
Milano, 1996, p. 9.
Etty
Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano, 1996, p.101.
Traduzione in italiano del testo originale in olandese di Chiara Passanti.
Emily
Dickinson, Poesia n. 813 (1863-64) in Dickinson.Poesie, Mondadori,
Milano 1995, p. 290.
Milan
Kundera, L’arte del romanzo, (1986), Adelphi, Milano 1988, p.
41, 42, 224. Testo originale in francese, L’art du roman, tradotto
in Italia da Ena Marchi e Anna Ravano. Nelle parti riportate il testo è
tradotto da Ena Marchi.