colloquio in uno spazio-tempo indeterminabile con ospiti illustri dall’aldilà e di qua

foto di laura ginapri




Paul Auster (mentre gioca col suo panama):
“Ogni vita è inspiegabile. (...) Per quanti fatti si riferiscano, per quanti dettagli vengano forniti, il nocciolo resiste alla rappresentazione. Riferire che tizio è nato qui e si è recato là, che ha fatto questo o quello, che ha sposato la tale donna e ha avuto tali figli, che è vissuto, che è morto, che si è lasciato alle spalle questi libri o quella battaglia, o quel ponte.... niente di tutto ciò ci dice molto. Tutti vogliamo che ci raccontino delle storie, e le ascoltiamo come facevamo da bambini. Dentro le parole immaginiamo la vera vicenda e, a tal fine ci sostituiamo ai personaggi fingendoci capaci di comprenderli perché comprendiamo noi stessi. È una mistificazione. Noi esistiamo per noi stessi, forse, e talora cogliamo anche un barlume della nostra identità, ma alla fine non siamo mai sicuri, e col passare delle nostre vite diventiamo sempre più opachi al nostro sguardo, più consci della nostra disorganicità. Nessuno può sconfinare in un altro - per il semplice motivo che nessuno può accedere a se stesso”

Krzyszstof Kieslowski (porta occhiali molto grandi e ha una sigaretta in bocca):
“Credo che ogni artista, così come ogni uomo, in fondo, racconti sempre la stessa storia.
Si parla sempre dell’amore, o dell’odio, o della morte; di cose del genere tutti ne parliamo sempre con passione, ma è il tono con cui si narra il vero nocciolo della questione.
Io credo che l’uomo abbia sempre avuto bisogno di storie: questo per comprendere meglio se stesso e gli altri, per avvicinarsi al mistero che è la vita, che è lo stare nel mondo.
Riproporre i casi della vita è un modo per cercare di comprenderla. Ed è da questa volontà di comprendere che nasce la mia esigenza di raccontare storie”

Etty Hillesum (spiccano sul suo viso degli occhi sorridenti):
“I fatti esterni non bastano per capire la vita di una persona: bisogna conoscerne i sogni, il rapporto con la famiglia, gli stati d’animo, le delusioni, la malattia e la morte....”

Emily Dickinson  (legge da un quadernetto):
“This quiet Dust was Gentlemen and Ladies
And Lads and Girls -
Was laughter and ability and sighing
And Frocks and Curls”

Milan Kundera (vivace e mordace):
 “Tutti i romanzi di tutti i tempi indagano l’enigma dell’io. Che cos’è l’io? In che modo lo si può cogliere? L’uomo vuole attraverso l’azione, rivelare la propria immagine, ma quest’immmagine non gli assomiglia. Il carattere paradossale dell’azione è una delle grandi scoperte del romanzo. Ma se l’io non può essere colto nell’azione, dove e come lo si può cogliere? La poesia non è nell’azione, ma là dove l’azione si ferma; là dove si spezza il ponte fra una causa e un effetto, e dove il pensiero vagabonda in una libertà dolce e oziosa. La poesia dell’esistenza è nella digressione. E’ nell’incalcolabile. E’ agli antipodi della causalità. E’ sine ratione, senza ragione.”


Nota bibliografica
In ordine di apparizione.

Paul Auster, Trilogia di New York,(1985-6), Einaudi, Torino 1996, pp. 247-48. Traduzione di Massimo Bocchiola.

Krzyszstof Kieslowski, Il profumo dell’aria, conversazione con K.K., (1995) in Serafino Murri, Krzyszstof Kieslowski, Il Castoro Cinema, Milano, 1996, p. 9.

Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano, 1996, p.101. Traduzione in italiano del testo originale in olandese di Chiara Passanti.

Emily Dickinson, Poesia n. 813 (1863-64) in Dickinson.Poesie, Mondadori, Milano 1995, p. 290.


Milan Kundera, L’arte del romanzo, (1986), Adelphi, Milano 1988, p. 41, 42, 224. Testo originale in francese, L’art du roman, tradotto in Italia da Ena Marchi e Anna Ravano. Nelle parti riportate il testo è tradotto da Ena Marchi.



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